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    "artistworkdescription": "<p>Poggiata su un seggio che funge da piedistallo e coperta quasi interamente da un mantello che crea ai lati un ampio panneggio, una figura inquietante dal volto incavato tiene in grembo il corpo emaciato di un giovinetto; il suo capo scompare nell&rsquo;abbraccio che lo avviluppa con mani ossute.</p>\n\n<p>L&rsquo;opera, realizzata in gesso patinato, riporta gli stimoli del lungo soggiorno a Monaco di Baviera del 1909. Fino a tale data, il giovane Martini aveva ricevuto un primo apprendistato in ambito locale: Giorgio Martini, padre del già affermato Alberto, è suo insegnante di disegno presso la Scuola serale d&rsquo;arti e mestieri, mentre nell&rsquo;atelier dello scultore Antonio Carlini, attivo in città e stretto collaboratore dell&rsquo;abate Bailo, impara le tecniche della formatura. In seguito, la frequentazione dell&rsquo;ambiente veneziano e dello studio di Urbano Nono, la visita delle Biennali e la partecipazione alla vivace stagione capesarina, lo conducono alle prime, ardite, prove di modellazione (come&nbsp;<i>Equilibrio/Contrabbassista&nbsp;</i>del 1908).<br />\nIl periodo monacense, finanziato dall&rsquo;industriale della ceramica trevigiano Gregorio Gregorj e dal direttore dei Musei di Torcello, Cesare Augusto Levi, costituisce un momento importante nella sua formazione: epicentro dello Jugendstil, Monaco rappresenta una meta internazionale assai in voga tra le giovani generazioni (basti pensare che nello stesso anno vi soggiornano anche Springolo, Bortolo Sacchi e Balsamo Stella, oltre ai fratelli De Chirico).<br />\nRientrato a Treviso, Martini elabora una serie di innovativi modelli in gesso per la fornace Gregorj (solo in parte entrati in produzione): la sperimentazione riporta le tracce di quell&rsquo;esperienza, sia nell&rsquo;uso di un raffinato linearismo di gusto Secession (si veda il vaso&nbsp;<i>Fiaba</i>), sia nella scelta dei motivi, contraddistinti da un&rsquo;ambigua espressività.<br />\nL&rsquo;opera ne è efficace esempio: l&rsquo;essenzialità dei volumi geometrici che caratterizzano il retro della scultura scoprono, sul fronte, una trasfigurazione spaventosa del gruppo madre-figlio, in cui la tradizionale iconografia delle Maternità è sopraffatta dal dolore devastante e deformante della morte, tema delle Pietà.<br />\nÈ lo stesso Martini a richiamare, come precedente formale, lo scultore scultore serbo Ivan Meštrović, tra gli espositori alla Secessione di Monaco del 1909: &ldquo;L&rsquo;amore ver- so Mestrovic&rdquo;, ricorderà nei&nbsp;<i>Colloqui</i>, &ldquo;era per quel fondo di barbaro che c&rsquo;è anche in me&rdquo;.<br />\nMai esposta durante la vita dell&rsquo;artista ed acquisita dai Musei Civici trevigiani nel 1992,&nbsp;<i>Maternità&nbsp;</i>appartenne alla collezione dell&rsquo;amica e scrittrice Nevra Garatti, il cui &ldquo;salottino verde&rdquo; costituiva abituale ritrovo per artisti e intellettuali trevigiani.</p>\n",
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